La mostra sulla prima Conferenza nazionale della donna lavoratrice
Per larga parte del Novecento, la donna si trova in una posizione subordinata rispetto all’uomo, questo comporta una forte esclusione dalla sfera pubblica e la divisione dei sessi a livello lavorativo[1]. In Italia, le cose iniziano a mutare con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 (10 febbraio 1946) – che riconosce anche alle donne il diritto di voto rendendole cittadine a tutti gli effetti – e l’approvazione della legge n. 860 del 26 agosto 1950, sulla «Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri», proposta da Teresa Noce (Pci) e sostenuta da Maria Federici (Dc).
Per quanto riguarda l’attività dei sindacati e delle organizzazioni femministe e democratiche, un momento di svolta è rappresentato dalla Conferenza Nazionale della donna lavoratrice (Firenze, 23-24 gennaio 1954) patrocinata dalla Cgil e di cui ricorre quest’anno il 70° anniversario. In tale occasione si affrontano le questioni considerate più urgenti: il raggiungimento della parità salariale; il diritto al lavoro; la tutela della salute e della maternità; il rispetto della libertà nei luoghi di lavoro; l’attuazione di una legislazione che difendesse le categorie più sfruttate[2].
A gettare le basi per la Conferenza sono due distinti momenti nel 1952: in aprile, su «Le nostre lotte», viene pubblicato un resoconto di quanto emerso il 25 marzo durante la riunione a Roma della Commissione Femminile Nazionale della Cgil. Si inizia a riflettere sull’importanza di un’azione concreta, svolta attraverso riunioni e assemblee, per discutere delle problematiche che interessano le lavoratrici, così da far emergere «proposte, rivendicazioni, richieste concrete e precise» che si vuole vedere realizzate. La C.F. ritiene che per avere l’appoggio dell’opinione pubblica sui diritti delle lavoratrici è fondamentale il contributo dei comitati cittadini, delle organizzazioni sindacali e delle singole personalità che «con iniziative e attività, ciascuna nell’ambito che le è proprio, contribuisca alla liberazione delle lavoratrici dalla schiavitù e dall’oppressione ed al raggiungimento della loro completa emancipazione»[3]. Quanto emerso culminerà poi in una conferenza nazionale.
Il secondo momento in cui si parla di una possibile conferenza nazionale è durante il III Congresso Nazionale della Cgil (Napoli, 26 novembre-3 dicembre 1952), durante il quale si chiede al sindacato di patrocinare una conferenza di tutte le associazioni e gruppi femminili nazionali, così da elaborare la “Carta dei Diritti” per un miglioramento della situazione non solo lavorativa, ma anche abitativa e sociale delle donne italiane[4].
I lavori di preparazione dell’evento iniziano molto presto, intensificandosi a inizio autunno 1953[5]. La Commissione di coordinamento e di direzione sprona il coinvolgimento alla mobilitazione delle lavoratrici iscritte alla Cisl e alla Uil, ma anche di coloro non sindacalizzate[6]. Vengono invitate a partecipare anche tutte le associazioni interessate ai diritti delle donne, tra cui l’Unione delle donne in Italia (Udi), che organizza a Roma, tra il 10 e il 12 aprile 1953, il Congresso della Donna Italiana. Nonostante si tratta di un evento distinto da quello patrocinato dalla Cgil, emergono temi che saranno approfonditi durante la Conferenza fiorentina[7]. La Commissione di coordinamento, inoltre, incarica le segreterie delle Camere Confederali del lavoro e le federazioni a organizzare assemblee preparatorie, fornendo indicazioni per l’elezione delle delegate che presenzieranno a Firenze, scelte durante le assemblee aziendali o interaziendali[8].
Durante le assemblee provinciali, le lavoratrici del territorio portano le testimonianze delle condizioni nelle quali si trovano, così da creare delle Carte rivendicative, attraverso cui avanzare le proprie richieste e che indicano una serie di informazioni: tipo e numero di riunioni realizzate in preparazione della Conferenza provinciale e di quella nazionale; numero di partecipanti; azioni rivendicative già intraprese ed eventuali risultati raggiunti. La documentazione prodotta viene poi raccolta in ‘album’ con anche materiali fotografici: oltre alle immagini che ritraggono le lavoratrici durante lo svolgimento delle assemblee, si chiede di inserire anche quelle che testimonino le loro condizioni di vita e di lavoro[9].
Molti risultati positivi dati dall’impegno alla preparazione della Conferenza si hanno anche grazie alle attività svolte da alcune federazioni di categoria, tra cui la Federmezzadri, che organizza un’Assise nazionale e nella provincia di Firenze promuove la «Giornata della ragazza mezzadra», per dare rilievo anche alle condizioni in cui si trovavano le più giovani[10].
La prima giornata della Conferenza si svolge all’interno dei locali del Parterre, dove sorge anche il Palazzo delle Esposizioni, in Piazza della Libertà. Il discorso conclusivo di Giuseppe Di Vittorio – segretario generale della Cgil – del 24 gennaio si tiene al Teatro Apollo (già Cinema Rex e oggi Mercure Hotel)[11].
La Conferenza si apre con i saluti di Elsa Massai – responsabile della C.F. della Camera Confederale del Lavoro di Firenze – che ritene l’emancipazione femminile e il rispetto dei diritti delle lavoratrici fondamentali per una società progredita, giusta e civile[12]. Dopo di lei, Fernando Santi dichiara che la Conferenza non è importante solo per le donne italiane, ma anche per il mondo del lavoro nella sua globalità. Un altro punto su cui pone l’accento è il carattere unitario e democratico della Conferenza, poiché vi partecipano delegate di provenienza diversa con lo scopo di lottare per cancellare l’inuguaglianza e per realizzare la giustizia sociale[13]. A portare i loro saluti ci sono inoltre le operaie licenziate dalla Magona di Piombino, che, attraverso i lavori della Conferenza, sperano di riappropriarsi del diritto al lavoro del quale sono state private[14].
Durante la prima giornata dell’evento, prendono la parola anche esponenti arrivate dall’estero, a prova del fatto che la manifestazione fiorentina ha l’attenzione internazionale. Mary Wolfard, a nome della Federazione sindacale mondiale, riconosce nella lotta delle lavoratrici italiane quella di «tutte le donne di tutti i Paesi capitalistici e coloniali ed anche quella della Federazione Sindacale Mondiale»[15]. Allo stesso modo, Germaine Guillé – delegata della Confederazione Generale del Lavoro Francese – sottolinea che le lotte delle donne italiane e francesi sono caratterizzate da motivi ed esperienze comuni[16].
Oltre a loro, a intervenire e a portare la loro testimonianza sono operaie, braccianti agricole, impiegate, professoresse, delegate di associazioni di categoria e delle Camere del Lavoro provenienti da tutta la Penisola, a dimostrazione del fatto che la manifestazione fiorentina ha una larga risonanza nazionale. Gli interventi danno prova delle situazioni difficili condivise da gran parte delle lavoratrici, anche se appartenenti a luoghi e contesti diversi.
Uno dei temi più dibattuti riguarda la parità salariale. Nella sua relazione, Rina Picolato – al vertice della Commissione Femminile Nazionale – sottolinea che l’accorciamento delle distanze tra la retribuzione maschile e quella femminile rappresenta un miglioramento per tutti e non solo per le donne, dal momento che «le basse retribuzioni del lavoro femminile sono spesso sfruttate come elemento di freno al miglioramento delle stesse retribuzioni maschili, al progredire di tutto lo schieramento del lavoro verso un migliore tenore di vita»[17]. Si denuncia, inoltre, lo sfruttamento massiccio e i soprusi padronali ai quali vengono sottoposte le lavoratrici[18].
Queste, insieme ad altre questioni portate in auge dagli interventi delle relatrici, verranno affrontate ulteriormente attraverso un’inchiesta popolare – promossa durante la Conferenza – all’interno dei luoghi di lavoro.
Attraverso il discorso di chiusura, Giuseppe Di Vittorio evidenzia come le donne abbiano acquisito, anche grazie al lavoro di preparazione della Conferenza, «una chiara coscienza che l’inferiorità cui le condanna la società, lo sfruttamento supplementare cui le sottopongono i signori agrari ed industriali, non sono cose inevitabili come si è voluto far credere e come qualcuno tenta di far credere ancora oggi»[19]. Egli denuncia il fatto che nonostante la Costituzione democratica italiana sancisca i principi di uguaglianza civile, economica e morale della donna rispetto all’uomo, ancora troppo spesso essi non vengono applicati: non solo a livello di remunerazione economica, ma anche per quel che riguarda la garanzia di igiene, sicurezza e protezione della lavoratrice. Per combattere contro le condizioni nelle quali si trovano moltissime lavoratrici e per concretizzare le iniziative promosse dalla Conferenza, è necessario che le commissioni femminili sindacali si uniscano alle altre organizzazioni democratiche che hanno a cuore queste questioni[20].
Alla luce delle carte rivendicative compilate durante le assemblee preparatorie e di quanto emerso durante la manifestazione fiorentina, viene emanata la Carta dei diritti della lavoratrice. Attraverso di essa, si chiede che «i principi sanciti dalla Costituzione – conquistata anche per il generoso contributo delle donne alle Lotte di Liberazione Nazionale – siano tradotti in operante realtà», tra questi il diritto al lavoro e l’accesso a tutte le carriere e professioni; retribuzione uguale per uguale lavoro; la protezione per la salute; la tutela per la maternità; il rispetto dei contratti di lavoro; il rispetto della personalità umana e delle libertà anche all’interno delle aziende. Con la Carta vengono inoltre promosse la “Settimana dei diritti delle lavoratrici” (1°-8 marzo) e la già citata inchiesta popolare sulla situazione all’interno dei luoghi di lavoro.
La Conferenza rappresenta un momento fondamentale di riflessione, apre un dialogo e un confronto a livello nazionale: nonostante ci vorrà qualche anno per raggiungere risultati importanti, si aspira a una «Patria democratica e indipendente, giusta e umana, per tutti i suoi figli»[21].
Queste e altre questioni saranno i temi principali della mostra in occasione del 70° anniversario della Conferenza, che verrà inaugurata il 5 marzo 2024 presso il Complesso monumentale delle Murate di Firenze. Promossa dalla Cgil nazionale e Toscana e dallo SPI nazionale e toscano, in collaborazione con la Fondazione Valore Lavoro e l’Archivio storico nazionale della CGIL, e patrocinata dal Comune di Firenze e dalla Regione Toscana, sarà un’occasione per riflettere su quanta strada si è fatta finora e quanta ne resta da fare per il raggiungimento della piena parità tra donne e uomini.
Martina Lopa
Gli atti della conferenza – versione digitale
Riferimenti bibliografici
Maria Casalini, Le donne della sinistra (1944-1948), Roma, Carocci, 2005.
Simona Sozi, Donne nella CGIL: la Conferenza nazionale della donna lavoratrice (Firenze, 23-24 gennaio 1954), Tesi di Laurea, Roma, Tor Vergata, Anno accademico 2007-2008.
L’emancipazione delle lavoratrici italiane. Atti della Conferenza Nazionale della Donna Lavoratrice, Roma, Cgil, 1954.
III Congresso della CGIL (Napoli, 26 novembre-3 dicembre 1952), in «I Congressi della CGIL», vol. IV, Roma, Editrice sindacale, 1956.
Fonti archivistiche
Archivio Storico Cgil di Roma
«Le nostre lotte», Aprile 1952.
Circolare 5 dicembre 1953, Atti e corrispondenza 1954, b. 7, f. 141.
Circolare 17 dicembre 1953, Atti e corrispondenza 1954, b. 7, f. 141.
Lettera di Renato Bitossi a Eugenio Saccenti, 21 dicembre 1953, Atti e corrispondenza 1954, b. 7, f. 141.
Lettera di Eugenio Saccenti a Renato Bitossi, 22 dicembre 1953, Atti e corrispondenza 1954, b. 7, f. 141.
Circolare 12 gennaio 1954, Atti e corrispondenza 1954, b. 7, f. 141.
Centro Documentazione e Archivio Storico della Cgil Toscana di Firenze
Circolare 11 febbraio 1953, Cgil Confederterra, Federmezzadri Provinciale, b. 49, f. 5.
Circolare 14 settembre 1953, Cgil Confederterra, Federmezzadri Provinciale, b. 49, f. 5.
Carta dei diritti della lavoratrice, 1954, CDL Firenze, b. 18, f. 2D.
Note